mercoledì 30 novembre 2011

La resistività dei materiali

Alessio Di Giorgio
La resistività dei materiali

La resistività ρ, introdotta nella seconda legge di Ohm, è il parametro utilizzato come criterio di classificazione dei materiali in rapporto alla loro capacità di farsi attraversare dalla corrente elettrica. Sulla base del suo valore si distinguono così tre categorie di sostanze: quella dei conduttori (con r compresa tra 10-8 e 10-5 ohm metro), quella degli isolanti (con ρ compresa tra 1011 e 1017 ohm metro) e quella dei semiconduttori (con ρ compresa tra 10-1 e 104 ohm metro). La resistività di una data sostanza non è costante, ma varia al variare della temperatura. La legge che esprime questa dipendenza è ρ = r293 (1 + a ΔT)
dove ρ è la resistività alla temperatura T (misurata in gradi Kelvin), r293 il valore della resistività misurato a 293 K (20 °C), a è un parametro caratteristico di ogni materiale e ΔT la differenza di temperatura tra T e la temperatura di riferimento (293 K).Il tipo di dipendenza della resistività dalla temperatura si spiega considerando la conduzione nei metalli dal punto di vista microscopico: nel loro moto di deriva, gli elettroni di conduzione sono ostacolati dagli ioni del reticolo cristallino, che vibrano intorno alla propria posizione di equilibrio in misura proporzionale alla temperatura del corpo. Tanto maggiore è la temperatura, tanto più ampi sono i moti vibrazionali di questi ioni, e quindi più frequenti gli urti che ostacolano la conduzione della corrente. Quindi , maggiore è la temperatura, maggiore è la resistività del materiale.

Superconduttività

Superconduttività

La superconduttività è il fenomeno che si manifesta in molti materiali conduttori, che mostrano una veloce diminuzione della resistività per temperature inferiori a un determinato valore Tc, detto temperatura critica, e forti proprietà diamagnetiche(sostanze sottoposte all’azione di un campo magnetico acquistano un dipolo magnetico, apparecchio costituito da un polo elettrico positivo e un negativo).Che si manifestano subendo una intensa repulsione da parte del campo magnetico.
La superconduttività fu scoperta nel 1911 dal fisico olandese Heike Kamerlingh Onnes, il quale osservò la scomparsa della resistenza elettrica nel mercurio a temperature inferiori a 4,2 K (-269 °C). Nel 1933 i fisici Karl W. Meissner e R. Ochsenfeld riscontrarono un forte diamagnetismo in un superconduttore, compiendo un importante passo verso la comprensione del fenomeno. La spiegazione teorica della superconduttività si ebbe nel 1957, quando i fisici statunitensi John Bardeen, Leon N. Cooper e John R. Schrieffer avanzarono la celebre teoria BCS, per la quale ottennero il premio Nobel per la fisica nel 1972, specificando la natura quantistica del fenomeno. La transizione allo stato superconduttivo è da ricondurre alla formazione di coppie di elettroni (coppie di Cooper) che, in qualità di bosoni, si muovono liberamente nel volume del conduttore. Nel 1962 il fisico britannico Brian Josephson, sulla base dell'interpretazione quantistica della superconduttività, ipotizzò l'esistenza di oscillazioni della corrente elettrica che scorre tra due superconduttori, separati da un sottile strato isolante, e posti in un campo magnetico o elettrico. L'effetto, noto come effetto Josephson, fu poi confermato sperimentalmente.
Prima del 1986, la più alta temperatura critica osservata era 23,2 K (-249,95 °C), caratteristica dei composti niobio-germanio. Condizioni termiche così estreme potevano essere mantenute solo impiegando elio liquido, un refrigerante estremamente costoso e di modesta efficienza. Nel 1986, studi compiuti presso diverse università e centri di ricerca mutarono radicalmente il corso la situazione. Si scoprì infatti che composti ceramici a base di ossidi metallici manifestano la transizione allo stato superconduttivo a temperature sufficientemente alte da permettere l'uso di azoto liquido come refrigerante. Fu questa la scoperta della cosiddetta "superconduttività ad alta temperatura": poiché l'azoto liquido costa circa un decimo dell'elio liquido ed è in grado di liquifare a 77 K (-196 °C), raffreddando con un efficienza circa 20 volte superiore a quella dell'elio liquido, sono state numerose le applicazioni della superconduttività.
Poiché un superconduttore non offre alcuna resistenza al passaggio di cariche elettriche, una corrente indotta al suo interno continua a circolare per un tempo indefinito, senza apprezzabili diminuzioni di intensità e senza dissipazione di energia sotto forma di calore. Per questa ragione, i superconduttori sono impiegati per costruire elettromagneti capaci di generare campi magnetici estremamente intensi con una spesa energetica ridotta.Magneti realizzati con materiale superconduttore sono stati usati, nella costruzione di potenti acceleratori di particelle. Inoltre, sfruttando gli effetti quantistici della superconduttività, sono stati realizzati strumenti di misura della corrente elettrica, della tensione e del campo magnetico.
Alessio Di Giorgio

Atomo

Atomo

genere, un numero di neutroni molto superiore a quello dei protoni rende il nucleo instabile; i nuclei di tutti gli isotopi degli elementi posseggono questa caratteristica, e infatti sono radioattivi. La maggior parte dei nuclei stabili contiene un numero pari di protoni e di neutroni. L’ atomo è la più piccola porzione di un elemento chimico che conserva le proprietà dell’elemento stesso. La parola atomo, che deriva dal greco átomos "indivisibile", fu introdotta dal filosofo greco Leucippo per definire le entità elementari, indistruttibili e indivisibili, di cui riteneva che fosse costituita la materia. La teoria atomica ricevette un notevole impulso nei secoli XVI e XVII, quando iniziarono i primi studi sperimentali nell'ambito della chimica. Questi esperimenti evidenziarono che le sostanze potevano essere suddivise nei loro componenti e che questi potevano combinarsi per formare nuovi composti con proprietà del tutto diverse. Cominciò così a delinearsi il concetto di elemento chimico.

La teoria di Dalton
La natura degli elementi fu studiata dal punto di vista scientifico e quantitativo agli inizi del XIX secolo dal chimico britannico John Dalton, considerato il padre della moderna teoria atomica. Partendo dall'osservazione che gli elementi si combinano per formare diversi composti, secondo rapporti in peso ben definiti, egli sviluppò il concetto moderno di atomo come particella di dimensioni e peso caratteristici per ciascun elemento. In un secondo tempo, si comprese che le reazioni chimiche che avvengono tra elementi danno luogo alla formazione di molecole, cioè di aggregati di più atomi di composizione definita e costante. Ogni molecola d'acqua, ad esempio, è composta da un atomo d'ossigeno e da due atomi di idrogeno legati da forze di natura elettrostatica, come è indicato dalla formula chimica H2O.

La legge di Avogadro
Nel 1811 il chimico italiano Amedeo Avogadro formulò la legge secondo la quale volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di particelle. Secondo questa legge, due contenitori identici, ad esempio di capacità pari a un litro, riempiti uno di elio e l'altro di ossigeno, contengono lo stesso numero di particelle: nel primo caso una particella corrisponde effettivamente a un atomo di elio He, nel secondo a una molecola di ossigeno, di formula chimica O2.

Peso e dimensioni atomici
Dalla legge di Avogadro si può dedurre che il peso di volumi di riferimento (e dunque la densità) di diversi gas è proporzionale al peso delle singole molecole che li costituiscono. In altre parole, se un litro di ossigeno pesa sedici volte in più rispetto a un litro di idrogeno, è possibile concludere che il peso di una molecola, o di un atomo, di ossigeno è sedici volte maggiore del peso di una molecola o di un atomo di idrogeno: ciò permette di assegnare in modo semplice il peso atomico o molecolare ai diversi elementi. Se si assume come riferimento l'atomo di carbonio, assegnandogli il peso di dodici unità di massa atomica (uma), l'idrogeno avrà peso atomico 1,0079 uma, l'elio 4,0026 uma, il fluoro 18,9984 uma e il sodio 22,9898 uma. Il fatto che il peso atomico di molti elementi fosse vicino a un numero intero indusse lo scienziato britannico William Prout a stabilire, nel 1816, che tutti gli atomi sono "composti" da atomi di idrogeno. Ben presto, tuttavia, la scoperta di nuovi elementi e la misurazione precisa dei pesi atomici degli elementi invalidarono questa ipotesi.Agli inizi del Novecento si evidenziò che non tutti gli atomi di uno stesso elemento hanno lo stesso peso atomico: atomi di uno stesso elemento, dotati di peso diverso, sono riconosciuti come isotopi dell'elemento.Il riferimento per la scala di pesi o masse atomici fu, per tutta la prima metà del secolo, l'atomo di ossigeno, a cui era assegnato peso atomico 16. All'inizio degli anni Sessanta, le unioni internazionali di chimica e fisica decisero di adottare come nuovo standard l'isotopo più diffuso del carbonio 12, cui venne assegnato peso atomico esattamente uguale a 12.

La tavola periodica

Verso la metà del XIX secolo i chimici osservarono che il comportamento chimico-fisico degli elementi presentava delle regolarità che potevano essere evidenziate organizzando gli elementi in forma tabulare. Il chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev propose una tavola periodica, nella quale gli elementi erano ordinati in righe e colonne, di modo che quelli aventi caratteristiche chimico-fisiche simili fossero disposti in gruppi definiti. A ciascun elemento venne assegnato, in funzione della posizione che occupava nella tavola, un numero progressivo (numero atomico) variabile da 1 (assegnato all'idrogeno) a 92 (assegnato all'uranio). Mendeleev mostrò tanta fiducia nella sua tavola, da lasciare posti vuoti in corrispondenza di elementi che, in base ai suoi ragionamenti, avrebbero dovuto esistere, ma che non erano ancora stati osservati sperimentalmente. Tali elementi furono effettivamente scoperti negli anni successivi. Nella tavola, gli elementi con più alto numero atomico hanno peso atomico maggiore.

L’atomo di Rutherford
In seguito agli studi sulla reattività si scoprì che l'atomo è costituito principalmente da uno spazio vuoto, al centro del quale si trova un nucleo di dimensioni pari a circa un decimillesimo del diametro dell'intero atomo. In seguito ai suoi esperimenti, Ernest Rutherford concluse che la massa dell'atomo è concentrata in massima parte nel nucleo, attorno al quale gli elettroni ruotano percorrendo orbite predefinite. La carica positiva del nucleo viene bilanciata dalla carica negativa portata dagli elettroni, di modo che l'atomo, in condizioni normali, risulti elettricamente neutro.

L’atomo di Bohr
Nel 1913 il fisico danese Niels Bohr propose un nuovo modello atomico, divenuto fondamente nella meccanica quantistica. Secondo Bohr gli elettroni percorrono orbite stazionarie intorno al nucleo, senza subire variazioni di energia: a ciascuna orbita corrisponde un determinato valore dell'energia dell'elettrone (livello energetico) e si ha emissione di radiazione solo quando l'elettrone effettua una transizione elettronica (un “salto quantico”) fra livelli energetici diversi. In particolare un atomo emette radiazione elettromagnetica se un elettrone si sposta da un livello energetico superiore a uno inferiore, e assorbe radiazione nel caso contrario.


Configurazioni elettroniche
La disposizione degli elettroni nei livelli energetici è detta configurazione elettronica dell'atomo. Il numero totale degli elettroni è uguale al numero atomico dell'atomo: l'idrogeno, ad esempio, ha un unico elettrone, l'elio ne ha due e così via. I gusci elettronici (così sono anche definiti i diversi livelli energetici fra cui si distribuiscono gli elettroni) vengono riempiti in modo regolare, dal primo livello fino al settimo, e ciascuno di essi può contenere un numero massimo definito di elettroni. Il primo livello è completo quando contiene due elettroni, il secondo può contenere otto elettroni, il terzo diciotto, e così via. Il settimo livello non è completo in alcuno degli elementi esistenti in natura. Il comportamento chimico di un atomo è determinato dal numero degli elettroni più esterni, ossia appartenenti al livello energetico più distante dal nucleo. I gas nobili (elio, neon, argo, cripto, xeno e rado) hanno il livello energetico più esterno completamente occupato, e ciò spiega il caratteristico comportamento chimico di questi elementi, che sono appunto classificati anche come "gas inerti": in natura non reagiscono con alcun altro elemento, sebbene in laboratorio siano stati sintetizzati alcuni fluoruri di cripto, xeno e rado.Il guscio più esterno degli atomi dei metalli alcalini (fra i quali litio, sodio e potassio) contiene invece un solo elettrone, che viene facilmente "ceduto" a un altro atomo, formando un gran numero di composti chimici. Il metallo alcalino infatti, perdendo un elettrone, acquista stabilità, in quanto trasforma il suo livello energetico più esterno in uno completamente occupato. Gli alogeni (fra i quali fluoro, cloro, bromo e iodio), completano il loro livello energetico esterno con l'annessione di un elettrone: questo giustifica l'alta reattività di questi elementi, che tendono a combinarsi "acquistando" l'elettrone mancante.I livelli elettronici non vengono sempre riempiti in ordine consecutivo. Nei primi diciotto elementi della tavola periodica, gli elettroni sono disposti in modo regolare, e ogni livello energetico viene completato prima del successivo; a partire dal diciannovesimo elemento questo ordine non viene più rispettato, pur continuando a rimanere valide alcune "regole di riempimento". La periodicità delle configurazioni elettroniche si riflette nella ripetizione regolare di determinate caratteristiche chimico-fisiche degli elementi, e giustifica da un punto di vista teorico la loro disposizione nella tavola periodica.

L’atomo di Schrödinger
La teoria proposta da Bohr, che funzionava bene per spiegare l’emissione di radiazione da parte dell’atomo di idrogeno, dotato di un solo elettrone, incontrava però notevoli difficoltà per rendere conto del comportamento di atomi più complessi. Essa prevedeva che gli elettroni ruotassero attorno al nucleo, percorrendo orbite stazionarie analoghe a quelle dei pianeti intorno al Sole, ma non riusciva a spiegare perché fossero permesse solo determinate traiettorie. Erwin Schrödinger ebbe l’idea di associare agli elettroni atomici un moto ondulatorio intorno al nucleo. Solo le onde che permettevano determinate configurazioni stazionarie erano percorse dagli elettroni: questo spiegava le regole per i “salti quantici”.Il modello fu perfezionato da Max Born, secondo il quale la funzione (funzione d’onda) associata a ciascun elettrone non descriveva l’effettivo moto dell’elettrone intorno al nucleo, ma era in grado solamente di fornire la probabilità di occupazione, da parte dell'elettrone, di determinate regioni dello spazio circostante il nucleo. In questa visione, che coincide con la moderna rappresentazione atomica, il concetto di orbita scompare per essere sostituito da quello di "nuvola elettronica", che corrisponde alla regione atomica dove c’ è massima la probabilità di addensamento degli elettroni.
Gli spettri atomici
Uno dei principali successi dei fisici teorici fu la spiegazione degli spettri a righe caratteristici di ciascun elemento. Atomi eccitati da un'opportuna sorgente esterna di energia emettono radiazione elettromagnetica, di frequenza ben definita. Ad esempio l’ idrogeno gassoso, tenuto in condizioni di bassa pressione in un tubo di vetro, emette luce visibile di color rosso, quando il tubo è attraversato da cariche elettriche. L'esame di questa radiazione, eseguito a mezzo di uno spettroscopio, mostra che in realtà il gas emette uno spettro a righe, radiazione di una serie di frequenze a distanza regolare una dall'altra.La teoria di Bohr permette di calcolare le lunghezze d'onda dello spettro di emissione in modo semplice e preciso, ipotizzando che ciascuna riga spettrale corrisponda al salto di un elettrone da un livello di energia superiore e quindi più distante dal nucleo, a un livello caratterizzato da un’energia inferiore. Gli elettroni che normalmente occupano i livelli quantici più vicini al nucleo, e perciò hanno energia più bassa, vengono eccitati dalle scariche elettriche e saltano a livelli quantici superiori, da qui possono ricadere ai livelli inferiori, cedendo energia all'esterno sotto forma di radiazione.

Il nucleo atomico
Nel 1919 Rutherford osservò che le particelle alfa, incidendo su un campione di azoto, provocano la formazione di atomi di ossigeno e contemporaneamente l'emissione di particelle dotate di carica positiva. In seguito si scoprì che queste particelle, che vennero chiamate protoni, sono identiche ai nuclei degli atomi di idrogeno e sono i costituenti dei nuclei di tutti gli elementi. Nessun nuovo indizio sulla struttura dei nuclei si ebbe fino al 1932, quando il fisico britannico James Chadwick scoprì il neutrone, una particella nucleare avente massa quasi identica a quella del protone, ma priva di carica elettrica. Oggi si sa che tutti i nuclei sono costituiti esclusivamente da protoni e neutroni; inoltre, in ogni atomo il numero di protoni è uguale al numero di elettroni, e quindi al numero atomico.In tal modo l'atomo, possedendo un ugual numero di cariche positive e negative, risulta elettricamente neutro. Gli isotopi di uno stesso elemento possiedono un ugual numero di elettroni e di protoni, e quindi manifestano le stesse proprietà chimiche, ma differiscono per il numero dei neutroni. Nel caso del cloro, i simboli 35Cl e 37Cl indicano rispettivamente gli isotopi cloro 35 e cloro 37; in ciascuno dei due casi, l'apice indica il numero di massa dell'isotopo, pari alla somma del numero di protoni (che per il cloro è sempre 17) e del numero di neutroni. Talvolta si adotta la notazione •Cl, in cui viene reso noto il numero atomico.I nuclei meno stabili sono quelli che contengono un numero dispari di neutroni e di protoni; tutti i nuclei di questo tipo, tranne quelli di quattro elementi, sono radioattivi.

Alessio Di Giorgio