lunedì 5 dicembre 2011

Energia(Grande)

Energia
Nella fisica classica l'energia è definita come la capacità di un corpo o di un sistema di compiere lavoro e la misura di questo lavoro è a sua volta la misura dell'energia. Dal punto di vista strettamente termodinamico l'energia è definita come tutto ciò che può essere trasformato in calore a bassa temperatura.

La scienza, pur osservandone e calcolandone gli effetti, non ha ancora spiegato cosa sia l'energia. Richard Feynman (premio Nobel per la fisica nel 1965), affermava: "È importante comprendere che nella fisica non abbiamo nessuna idea di che cosa sia l'energia..."[1] L'energia è una proprietà intrinseca e misurabile della materia in quanto inerente alla stessa esistenza fisica dei corpi. Per ogni corpo fisico vi è una quantità astratta chiamata energia che possiamo calcolare, e che rimane sempre costante, indipendentemente dal numero di cambiamenti che esso attraversa. A prescindere dalle trasformazioni subite da un corpo l'energia viene sempre conservata. Il concetto di energia nasce, nella meccanica classica, dall'osservazione sperimentale che la capacità di un sistema fisico di sviluppare una forza decade quando il sistema stesso stabilisce un'interazione con uno o più sistemi mediante la stessa forza. In questo senso l'energia può essere definita come una grandezza fisica posseduta dal sistema che può venire "consumata" per generare una forza. Dal momento che l'energia posseduta da un sistema può essere utilizzata dal sistema stesso per produrre più tipi di forze, si definisce una seconda grandezza, il lavoro appunto, che definisce il consumo di energia in relazione al processo fisico mediante il quale la forza è stata generata.

Forme di energia
L'energia esiste in varie forme, ognuna delle quali possiede una propria equazione dell'energia. Le principali forme di energia (non tutte fondamentali) sono:

    * Energia meccanica, definita classicamente come somma di energia potenziale e energia cinetica
    * Energia chimica
          o Energia biologica
    * Energia elettrica
    * Energia elettromagnetica
          o Energia luminosa o radiante
          o Energia termica
    * Energia nucleare.

Tali forme di energia possono essere trasformate l'una nell'altra, ma ogni volta che avviene tale trasformazione una parte di energia (più o meno consistente) viene inevitabilmente trasformata in energia termica (cioè si produce calore);[5] si parla in questo caso di "effetti dissipativi".
Fonti di energia elettrica [modifica]

Unità di misura
L'unità di misura derivata del Sistema Internazionale per l'energia e il lavoro è il joule (pronuncia: /dʒau:l/; simbolo: J), chiamata così in onore del fisico inglese James Prescott Joule e dei suoi esperimenti sull'equivalente meccanico del calore. 1 joule esprime la quantità di energia usata (ossia il lavoro effettuato) per esercitare la forza di un newton per la distanza di un metro. 1 joule equivale quindi a 1 newton·metro, e in termini di unità base SI, 1 J è pari a 1 kg × m2 × s−2.

Nel CGS l'unità di misura per l'energia è l'erg, equivalente ad 1 dyne·centimetro e in termini di unità base CGS a 1 g × cm2 × s−2 (corrisponde a 10−7 J).

Altre unità di misura adottate per esprimere l'energia sono:

    * elettronvolt = 1,602 176 46 · 10−19 J
    * caloria = 4,186 799 940 9 J
    * British thermal unit (BTU) = 1 055,06 J
    * kilowattora = 3,6 · 106 J
Michael Grande
ENERGIA POTENZIALE PANARISI FRANCESCO
In fisica, l'energia potenziale elettrica, anche detta energia potenziale elettrostatica, è l'energia associata al campo elettrostatico. Si tratta dell'energia posseduta da una distribuzione di carica elettrica, ed è legata alla forza esercitata dal campo generato dalla distribuzione stessa. Insieme all'energia magnetica, l'energia potenziale elettrica costituisce l'energia del campo elettromagnetico.L'energia potenziale elettrostatica può essere definita come il lavoro svolto per creare una distribuzione di carica partendo da una configurazione iniziale in cui ogni componente della distribuzione non interagisce con gli altri. Ad esempio, per un sistema discreto di cariche essa coincide con il lavoro svolto per portare le singole cariche da una posizione in cui esse hanno potenziale elettrico nullo alla loro disposizione finale.L'energia potenziale elettrostatica può anche essere definita a partire dal campo elettrostatico generato dalla distribuzione stessa, ed in tale caso la sua espressione è indipendente dalla sorgente del campo.L'energia potenziale elettrica può essere sia negativa che positiva, a seconda che il lavoro svolto per portarle nella configurazione assunta sia positivo o negativo. Due cariche interagenti dello stesso segno hanno energia positiva, poiché il lavoro svolto per avvicinarle deve vincere la loro repulsione, mentre per lo stesso motivo due cariche di segno opposto hanno energia negativa.

mercoledì 30 novembre 2011

La resistività dei materiali

Alessio Di Giorgio
La resistività dei materiali

La resistività ρ, introdotta nella seconda legge di Ohm, è il parametro utilizzato come criterio di classificazione dei materiali in rapporto alla loro capacità di farsi attraversare dalla corrente elettrica. Sulla base del suo valore si distinguono così tre categorie di sostanze: quella dei conduttori (con r compresa tra 10-8 e 10-5 ohm metro), quella degli isolanti (con ρ compresa tra 1011 e 1017 ohm metro) e quella dei semiconduttori (con ρ compresa tra 10-1 e 104 ohm metro). La resistività di una data sostanza non è costante, ma varia al variare della temperatura. La legge che esprime questa dipendenza è ρ = r293 (1 + a ΔT)
dove ρ è la resistività alla temperatura T (misurata in gradi Kelvin), r293 il valore della resistività misurato a 293 K (20 °C), a è un parametro caratteristico di ogni materiale e ΔT la differenza di temperatura tra T e la temperatura di riferimento (293 K).Il tipo di dipendenza della resistività dalla temperatura si spiega considerando la conduzione nei metalli dal punto di vista microscopico: nel loro moto di deriva, gli elettroni di conduzione sono ostacolati dagli ioni del reticolo cristallino, che vibrano intorno alla propria posizione di equilibrio in misura proporzionale alla temperatura del corpo. Tanto maggiore è la temperatura, tanto più ampi sono i moti vibrazionali di questi ioni, e quindi più frequenti gli urti che ostacolano la conduzione della corrente. Quindi , maggiore è la temperatura, maggiore è la resistività del materiale.

Superconduttività

Superconduttività

La superconduttività è il fenomeno che si manifesta in molti materiali conduttori, che mostrano una veloce diminuzione della resistività per temperature inferiori a un determinato valore Tc, detto temperatura critica, e forti proprietà diamagnetiche(sostanze sottoposte all’azione di un campo magnetico acquistano un dipolo magnetico, apparecchio costituito da un polo elettrico positivo e un negativo).Che si manifestano subendo una intensa repulsione da parte del campo magnetico.
La superconduttività fu scoperta nel 1911 dal fisico olandese Heike Kamerlingh Onnes, il quale osservò la scomparsa della resistenza elettrica nel mercurio a temperature inferiori a 4,2 K (-269 °C). Nel 1933 i fisici Karl W. Meissner e R. Ochsenfeld riscontrarono un forte diamagnetismo in un superconduttore, compiendo un importante passo verso la comprensione del fenomeno. La spiegazione teorica della superconduttività si ebbe nel 1957, quando i fisici statunitensi John Bardeen, Leon N. Cooper e John R. Schrieffer avanzarono la celebre teoria BCS, per la quale ottennero il premio Nobel per la fisica nel 1972, specificando la natura quantistica del fenomeno. La transizione allo stato superconduttivo è da ricondurre alla formazione di coppie di elettroni (coppie di Cooper) che, in qualità di bosoni, si muovono liberamente nel volume del conduttore. Nel 1962 il fisico britannico Brian Josephson, sulla base dell'interpretazione quantistica della superconduttività, ipotizzò l'esistenza di oscillazioni della corrente elettrica che scorre tra due superconduttori, separati da un sottile strato isolante, e posti in un campo magnetico o elettrico. L'effetto, noto come effetto Josephson, fu poi confermato sperimentalmente.
Prima del 1986, la più alta temperatura critica osservata era 23,2 K (-249,95 °C), caratteristica dei composti niobio-germanio. Condizioni termiche così estreme potevano essere mantenute solo impiegando elio liquido, un refrigerante estremamente costoso e di modesta efficienza. Nel 1986, studi compiuti presso diverse università e centri di ricerca mutarono radicalmente il corso la situazione. Si scoprì infatti che composti ceramici a base di ossidi metallici manifestano la transizione allo stato superconduttivo a temperature sufficientemente alte da permettere l'uso di azoto liquido come refrigerante. Fu questa la scoperta della cosiddetta "superconduttività ad alta temperatura": poiché l'azoto liquido costa circa un decimo dell'elio liquido ed è in grado di liquifare a 77 K (-196 °C), raffreddando con un efficienza circa 20 volte superiore a quella dell'elio liquido, sono state numerose le applicazioni della superconduttività.
Poiché un superconduttore non offre alcuna resistenza al passaggio di cariche elettriche, una corrente indotta al suo interno continua a circolare per un tempo indefinito, senza apprezzabili diminuzioni di intensità e senza dissipazione di energia sotto forma di calore. Per questa ragione, i superconduttori sono impiegati per costruire elettromagneti capaci di generare campi magnetici estremamente intensi con una spesa energetica ridotta.Magneti realizzati con materiale superconduttore sono stati usati, nella costruzione di potenti acceleratori di particelle. Inoltre, sfruttando gli effetti quantistici della superconduttività, sono stati realizzati strumenti di misura della corrente elettrica, della tensione e del campo magnetico.
Alessio Di Giorgio

Atomo

Atomo

genere, un numero di neutroni molto superiore a quello dei protoni rende il nucleo instabile; i nuclei di tutti gli isotopi degli elementi posseggono questa caratteristica, e infatti sono radioattivi. La maggior parte dei nuclei stabili contiene un numero pari di protoni e di neutroni. L’ atomo è la più piccola porzione di un elemento chimico che conserva le proprietà dell’elemento stesso. La parola atomo, che deriva dal greco átomos "indivisibile", fu introdotta dal filosofo greco Leucippo per definire le entità elementari, indistruttibili e indivisibili, di cui riteneva che fosse costituita la materia. La teoria atomica ricevette un notevole impulso nei secoli XVI e XVII, quando iniziarono i primi studi sperimentali nell'ambito della chimica. Questi esperimenti evidenziarono che le sostanze potevano essere suddivise nei loro componenti e che questi potevano combinarsi per formare nuovi composti con proprietà del tutto diverse. Cominciò così a delinearsi il concetto di elemento chimico.

La teoria di Dalton
La natura degli elementi fu studiata dal punto di vista scientifico e quantitativo agli inizi del XIX secolo dal chimico britannico John Dalton, considerato il padre della moderna teoria atomica. Partendo dall'osservazione che gli elementi si combinano per formare diversi composti, secondo rapporti in peso ben definiti, egli sviluppò il concetto moderno di atomo come particella di dimensioni e peso caratteristici per ciascun elemento. In un secondo tempo, si comprese che le reazioni chimiche che avvengono tra elementi danno luogo alla formazione di molecole, cioè di aggregati di più atomi di composizione definita e costante. Ogni molecola d'acqua, ad esempio, è composta da un atomo d'ossigeno e da due atomi di idrogeno legati da forze di natura elettrostatica, come è indicato dalla formula chimica H2O.

La legge di Avogadro
Nel 1811 il chimico italiano Amedeo Avogadro formulò la legge secondo la quale volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di particelle. Secondo questa legge, due contenitori identici, ad esempio di capacità pari a un litro, riempiti uno di elio e l'altro di ossigeno, contengono lo stesso numero di particelle: nel primo caso una particella corrisponde effettivamente a un atomo di elio He, nel secondo a una molecola di ossigeno, di formula chimica O2.

Peso e dimensioni atomici
Dalla legge di Avogadro si può dedurre che il peso di volumi di riferimento (e dunque la densità) di diversi gas è proporzionale al peso delle singole molecole che li costituiscono. In altre parole, se un litro di ossigeno pesa sedici volte in più rispetto a un litro di idrogeno, è possibile concludere che il peso di una molecola, o di un atomo, di ossigeno è sedici volte maggiore del peso di una molecola o di un atomo di idrogeno: ciò permette di assegnare in modo semplice il peso atomico o molecolare ai diversi elementi. Se si assume come riferimento l'atomo di carbonio, assegnandogli il peso di dodici unità di massa atomica (uma), l'idrogeno avrà peso atomico 1,0079 uma, l'elio 4,0026 uma, il fluoro 18,9984 uma e il sodio 22,9898 uma. Il fatto che il peso atomico di molti elementi fosse vicino a un numero intero indusse lo scienziato britannico William Prout a stabilire, nel 1816, che tutti gli atomi sono "composti" da atomi di idrogeno. Ben presto, tuttavia, la scoperta di nuovi elementi e la misurazione precisa dei pesi atomici degli elementi invalidarono questa ipotesi.Agli inizi del Novecento si evidenziò che non tutti gli atomi di uno stesso elemento hanno lo stesso peso atomico: atomi di uno stesso elemento, dotati di peso diverso, sono riconosciuti come isotopi dell'elemento.Il riferimento per la scala di pesi o masse atomici fu, per tutta la prima metà del secolo, l'atomo di ossigeno, a cui era assegnato peso atomico 16. All'inizio degli anni Sessanta, le unioni internazionali di chimica e fisica decisero di adottare come nuovo standard l'isotopo più diffuso del carbonio 12, cui venne assegnato peso atomico esattamente uguale a 12.

La tavola periodica

Verso la metà del XIX secolo i chimici osservarono che il comportamento chimico-fisico degli elementi presentava delle regolarità che potevano essere evidenziate organizzando gli elementi in forma tabulare. Il chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev propose una tavola periodica, nella quale gli elementi erano ordinati in righe e colonne, di modo che quelli aventi caratteristiche chimico-fisiche simili fossero disposti in gruppi definiti. A ciascun elemento venne assegnato, in funzione della posizione che occupava nella tavola, un numero progressivo (numero atomico) variabile da 1 (assegnato all'idrogeno) a 92 (assegnato all'uranio). Mendeleev mostrò tanta fiducia nella sua tavola, da lasciare posti vuoti in corrispondenza di elementi che, in base ai suoi ragionamenti, avrebbero dovuto esistere, ma che non erano ancora stati osservati sperimentalmente. Tali elementi furono effettivamente scoperti negli anni successivi. Nella tavola, gli elementi con più alto numero atomico hanno peso atomico maggiore.

L’atomo di Rutherford
In seguito agli studi sulla reattività si scoprì che l'atomo è costituito principalmente da uno spazio vuoto, al centro del quale si trova un nucleo di dimensioni pari a circa un decimillesimo del diametro dell'intero atomo. In seguito ai suoi esperimenti, Ernest Rutherford concluse che la massa dell'atomo è concentrata in massima parte nel nucleo, attorno al quale gli elettroni ruotano percorrendo orbite predefinite. La carica positiva del nucleo viene bilanciata dalla carica negativa portata dagli elettroni, di modo che l'atomo, in condizioni normali, risulti elettricamente neutro.

L’atomo di Bohr
Nel 1913 il fisico danese Niels Bohr propose un nuovo modello atomico, divenuto fondamente nella meccanica quantistica. Secondo Bohr gli elettroni percorrono orbite stazionarie intorno al nucleo, senza subire variazioni di energia: a ciascuna orbita corrisponde un determinato valore dell'energia dell'elettrone (livello energetico) e si ha emissione di radiazione solo quando l'elettrone effettua una transizione elettronica (un “salto quantico”) fra livelli energetici diversi. In particolare un atomo emette radiazione elettromagnetica se un elettrone si sposta da un livello energetico superiore a uno inferiore, e assorbe radiazione nel caso contrario.


Configurazioni elettroniche
La disposizione degli elettroni nei livelli energetici è detta configurazione elettronica dell'atomo. Il numero totale degli elettroni è uguale al numero atomico dell'atomo: l'idrogeno, ad esempio, ha un unico elettrone, l'elio ne ha due e così via. I gusci elettronici (così sono anche definiti i diversi livelli energetici fra cui si distribuiscono gli elettroni) vengono riempiti in modo regolare, dal primo livello fino al settimo, e ciascuno di essi può contenere un numero massimo definito di elettroni. Il primo livello è completo quando contiene due elettroni, il secondo può contenere otto elettroni, il terzo diciotto, e così via. Il settimo livello non è completo in alcuno degli elementi esistenti in natura. Il comportamento chimico di un atomo è determinato dal numero degli elettroni più esterni, ossia appartenenti al livello energetico più distante dal nucleo. I gas nobili (elio, neon, argo, cripto, xeno e rado) hanno il livello energetico più esterno completamente occupato, e ciò spiega il caratteristico comportamento chimico di questi elementi, che sono appunto classificati anche come "gas inerti": in natura non reagiscono con alcun altro elemento, sebbene in laboratorio siano stati sintetizzati alcuni fluoruri di cripto, xeno e rado.Il guscio più esterno degli atomi dei metalli alcalini (fra i quali litio, sodio e potassio) contiene invece un solo elettrone, che viene facilmente "ceduto" a un altro atomo, formando un gran numero di composti chimici. Il metallo alcalino infatti, perdendo un elettrone, acquista stabilità, in quanto trasforma il suo livello energetico più esterno in uno completamente occupato. Gli alogeni (fra i quali fluoro, cloro, bromo e iodio), completano il loro livello energetico esterno con l'annessione di un elettrone: questo giustifica l'alta reattività di questi elementi, che tendono a combinarsi "acquistando" l'elettrone mancante.I livelli elettronici non vengono sempre riempiti in ordine consecutivo. Nei primi diciotto elementi della tavola periodica, gli elettroni sono disposti in modo regolare, e ogni livello energetico viene completato prima del successivo; a partire dal diciannovesimo elemento questo ordine non viene più rispettato, pur continuando a rimanere valide alcune "regole di riempimento". La periodicità delle configurazioni elettroniche si riflette nella ripetizione regolare di determinate caratteristiche chimico-fisiche degli elementi, e giustifica da un punto di vista teorico la loro disposizione nella tavola periodica.

L’atomo di Schrödinger
La teoria proposta da Bohr, che funzionava bene per spiegare l’emissione di radiazione da parte dell’atomo di idrogeno, dotato di un solo elettrone, incontrava però notevoli difficoltà per rendere conto del comportamento di atomi più complessi. Essa prevedeva che gli elettroni ruotassero attorno al nucleo, percorrendo orbite stazionarie analoghe a quelle dei pianeti intorno al Sole, ma non riusciva a spiegare perché fossero permesse solo determinate traiettorie. Erwin Schrödinger ebbe l’idea di associare agli elettroni atomici un moto ondulatorio intorno al nucleo. Solo le onde che permettevano determinate configurazioni stazionarie erano percorse dagli elettroni: questo spiegava le regole per i “salti quantici”.Il modello fu perfezionato da Max Born, secondo il quale la funzione (funzione d’onda) associata a ciascun elettrone non descriveva l’effettivo moto dell’elettrone intorno al nucleo, ma era in grado solamente di fornire la probabilità di occupazione, da parte dell'elettrone, di determinate regioni dello spazio circostante il nucleo. In questa visione, che coincide con la moderna rappresentazione atomica, il concetto di orbita scompare per essere sostituito da quello di "nuvola elettronica", che corrisponde alla regione atomica dove c’ è massima la probabilità di addensamento degli elettroni.
Gli spettri atomici
Uno dei principali successi dei fisici teorici fu la spiegazione degli spettri a righe caratteristici di ciascun elemento. Atomi eccitati da un'opportuna sorgente esterna di energia emettono radiazione elettromagnetica, di frequenza ben definita. Ad esempio l’ idrogeno gassoso, tenuto in condizioni di bassa pressione in un tubo di vetro, emette luce visibile di color rosso, quando il tubo è attraversato da cariche elettriche. L'esame di questa radiazione, eseguito a mezzo di uno spettroscopio, mostra che in realtà il gas emette uno spettro a righe, radiazione di una serie di frequenze a distanza regolare una dall'altra.La teoria di Bohr permette di calcolare le lunghezze d'onda dello spettro di emissione in modo semplice e preciso, ipotizzando che ciascuna riga spettrale corrisponda al salto di un elettrone da un livello di energia superiore e quindi più distante dal nucleo, a un livello caratterizzato da un’energia inferiore. Gli elettroni che normalmente occupano i livelli quantici più vicini al nucleo, e perciò hanno energia più bassa, vengono eccitati dalle scariche elettriche e saltano a livelli quantici superiori, da qui possono ricadere ai livelli inferiori, cedendo energia all'esterno sotto forma di radiazione.

Il nucleo atomico
Nel 1919 Rutherford osservò che le particelle alfa, incidendo su un campione di azoto, provocano la formazione di atomi di ossigeno e contemporaneamente l'emissione di particelle dotate di carica positiva. In seguito si scoprì che queste particelle, che vennero chiamate protoni, sono identiche ai nuclei degli atomi di idrogeno e sono i costituenti dei nuclei di tutti gli elementi. Nessun nuovo indizio sulla struttura dei nuclei si ebbe fino al 1932, quando il fisico britannico James Chadwick scoprì il neutrone, una particella nucleare avente massa quasi identica a quella del protone, ma priva di carica elettrica. Oggi si sa che tutti i nuclei sono costituiti esclusivamente da protoni e neutroni; inoltre, in ogni atomo il numero di protoni è uguale al numero di elettroni, e quindi al numero atomico.In tal modo l'atomo, possedendo un ugual numero di cariche positive e negative, risulta elettricamente neutro. Gli isotopi di uno stesso elemento possiedono un ugual numero di elettroni e di protoni, e quindi manifestano le stesse proprietà chimiche, ma differiscono per il numero dei neutroni. Nel caso del cloro, i simboli 35Cl e 37Cl indicano rispettivamente gli isotopi cloro 35 e cloro 37; in ciascuno dei due casi, l'apice indica il numero di massa dell'isotopo, pari alla somma del numero di protoni (che per il cloro è sempre 17) e del numero di neutroni. Talvolta si adotta la notazione •Cl, in cui viene reso noto il numero atomico.I nuclei meno stabili sono quelli che contengono un numero dispari di neutroni e di protoni; tutti i nuclei di questo tipo, tranne quelli di quattro elementi, sono radioattivi.

Alessio Di Giorgio

martedì 11 ottobre 2011

Alessio Di Giorgio



I liquidi

I liquidi sono sostanze che si trovano in uno stato di aggregazione della materia intermedio tra quello dei gas e quello dei solidi. In questo stato, le sostanze sono dotate di un volume proprio, ma non di una forma definita: esse assumono la forma del recipiente che le contiene. Questa proprietà deriva dall’intensità dei legami che si instaurano tra le molecole di un liquido, intermedia tra quella dei legami che caratterizzano lo stato solido e quella dei legami che caratterizzano lo stato gassoso. L'analisi delle sostanze liquide condotta mediante raggi X rivela l'esistenza di un certo grado di regolarità nella disposizione delle molecole, entro alcuni diametri molecolari. Inoltre in alcuni casi evidenzia la presenza di un orientamento preferenziale, che determina l'anisotropia rispetto ad alcune proprietà (la dipendenza di queste proprietà dalla direzione).In opportune condizioni di temperatura e di pressione, quasi tutte le sostanze possono esistere allo stato liquido. Il passaggio di stato che consente a una sostanza solida di passare alla fase liquida prende il nome di fusione; quello che permette a una sostanza gassosa di passare alla fase liquida prende il nome di condensazione. La pressione del vapore in equilibrio con il liquido, chiamata tensione di vapore saturo, dipende solo dalla temperatura ed è una proprietà caratteristica di ogni liquido. Anche il punto di ebollizione, quello di solidificazione e il calore di evaporazione (cioè la quantità di calore richiesta per far evaporare una massa unitaria) variano da sostanza a sostanza. La densità di un liquido è solitamente minore di quella che caratterizza la medesima sostanza allo stato solido, vi sono poche eccezioni a questo comportamento, una delle quali è fornita dall'acqua. I liquidi sono caratterizzati da un attrito interno, detto viscosità, che si oppone allo scorrimento tra strati di fluido adiacenti. Questa grandezza normalmente diminuisce all'aumentare della temperatura e aumenta al crescere della pressione. Inoltre è in relazione con la complessità delle molecole che costituiscono il fluido: è bassa nei gas inerti liquefatti e alta negli oli pesanti.
Alessio Di Giorgio


Fisica dello stato solido

La fisica dello stato solido è una parte della fisica che ha per oggetto lo studio delle proprietà delle sostanze solide, cristalline o amorfe (ad esempio vetri e ceramiche), e che si occupa di indagare sulle caratteristiche di particolari sostanze organiche e vari polimeri.

CENNI STORICI
Nata nel XX secolo, la fisica dello stato solido si avvalse, a partire dal 1910, degli esperimenti di diffrazione di raggi X per studiare la struttura dei cristalli, ottenendo risultati rivoluzionari, quali la scoperta dei semiconduttori, intorno al 1920, e lo sviluppo della teoria microscopica della superconduttività. Da queste ricerche sono nate importanti applicazioni, ad esempio il transistor, le fibre ottiche e il laser a semiconduttore.Oggi la fisica dello stato solido è in rapido sviluppo ed in grado di caratterizzare la tecnologia del XXI secolo, con l'introduzione di nuovi materiali scoperti e realizzati grazie agli studi effettuati.

LA CONDUZIONE ELETTRICA NEI SOLIDI
Una delle più importanti conquiste della fisica dello stato solido è la teoria delle "bande" di energia, che permette di spiegare le proprietà conduttive dei solidi facendo riferimento a questi particolari livelli energetici. Migliorando la comprensione del meccanismo della conduzione, sono stati scoperti i semiconduttori, materiali dalle proprietà importanti che hanno rivoluzionato il mondo della tecnologia permettendo la realizzazione dei circuiti integrati ed in seguito dei microprocessori e dei computer.

Il modello a bande
Un elettrone legato al nucleo di un atomo isolato può occupare solo un insieme discreto di livelli di energia, mentre in un solido cristallino, costituito da moltissimi atomi identici disposti in una struttura reticolare regolare, i livelli energetici sono organizzati in bande "permesse" di energia, separate da bande "proibite". Poiché la struttura delle bande è una proprietà del cristallo nel suo insieme, ogni atomo può contribuire con un elettrone esterno (o di valenza) a riempire le bande permesse. In accordo col principio di esclusione enunciato da Wolfgang Pauli, ciascun livello di energia può essere occupato da una coppia di elettroni, che possiedono i due possibili valori dello spin (spin su, o positivo, e spin giù, o negativo). In prossimità dello zero assoluto, tutti i livelli di energia più bassa del cristallo sono completamente occupati, ma quando la temperatura aumenta, gli elettroni acquistano energia e possono riempire i livelli di energia più alta.
Il cosiddetto "livello di Fermi" rappresenta una specie di "linea di demarcazione" al di sotto della quale i livelli di energia tendono a essere tutti occupati, mentre al di sopra di essa quasi tutti i livelli sono vuoti.

Dagli isolanti ai semiconduttori
La posizione del livello di Fermi all’interno della struttura a bande permette di definire le proprietà conduttrici o isolanti dei vari materiali. Se il livello di Fermi si trova in mezzo a una banda permessa, il solido è un conduttore: in questo caso anche piccole energie possono determinare transizioni elettroniche tra i livelli energetici, e questa mobilità di particelle cariche si traduce nelle proprietà che caratterizzano i materiali conduttori, ossia la capacità di condurre elettricità e calore e di assorbire la radiazione luminosa. Esempi tipici di sostanze conduttrici si trovano in genere tra i metalli. Se il livello di Fermi si trova in cima a una banda permessa e vi è un salto di energia (gap) relativamente grande tra questa e la successiva banda permessa, il solido è un isolante, come il diamante o il quarzo. In questo caso, solo grandi energie possono eccitare gli elettroni, provocando il salto della banda proibita; di conseguenza i materiali isolanti sono cattivi conduttori di calore e di elettricità, non assorbono la luce e sono spesso trasparenti. Infine, se il livello di Fermi è posto alla sommità di una banda permessa, ma la gap che separa tale banda dalla successiva è piuttosto stretta, non sarà difficile provocare, con opportune manipolazioni del materiale, il salto energetico degli elettroni nella banda di conduzione: in questo caso si parla di un semiconduttore che si comporta, ad esempio, come il silicio.

UN RISULTATO RECENTE: I MATERIALI SUPERCONDUTTORI
Un campo attivo di ricerca della fisica dello stato solido è lo studio dei superconduttori, cioè di quei materiali che a temperature estremamente basse, di pochi gradi al di sopra dello zero assoluto, manifestano improvvise variazioni delle proprietà elettriche e magnetiche, associate alla scomparsa della resistenza elettrica. In assenza di resistenza, una corrente lanciata in un anello superconduttore circola indefinitamente, senza richiedere alimentazione e senza dissipazione di energia.In pratica sono stati realizzati anelli superconduttori capaci di sostenere correnti elettriche per mesi, senza un'apprezzabile diminuzione di intensità.

Superconduttori ad alta temperatura
Per la maggior parte del XX secolo i fenomeni di superconduzione furono osservati solo alla temperatura dell'elio liquido (-268,9°C). Il raggiungimento e il mantenimento di simili temperature ha costi rilevanti, tali da rendere svantaggioso dal punto di vista economico l'utilizzo di materiali superconduttori. Negli anni Ottanta la scoperta di una classe di materiali ceramici che diventano superconduttori a temperature notevolmente maggiori di quella di liquefazione dell'aria circa -200°C) ha aperto nuove possibilità di applicazione della superconduttività con la realizzazione di dispositivi elettronici ad alta velocità e di più efficienti linee di trasporto dell'energia elettrica.
Alessio Di Giorgio



CALORE LATENTE


I cambiamenti di stato nelle sostanze pure avvengono in condizioni definite di pressione e temperatura. In particolare, fissate le condizioni di pressione, la temperatura di transizione è una caratteristica della sostanza in esame. La quantità di calore richiesta per produrre la transizione di fase per unità di massa di sostanza è detta calore latente; quindi vi sono calori latenti di fusione, di vaporizzazione e di sublimazione.Se si porta a ebollizione acqua in un recipiente aperto, alla pressione di 1 atm, la temperatura non sale oltre i 100 °C, indipendentemente dalla quantità di calore fornito. Il calore assorbito dall'acqua è il calore latente, che viene speso per trasformare l'acqua in vapore ed è pertanto immagazzinato come energia nel vapore stesso. Ugualmente, se si riscalda un miscuglio di ghiaccio e acqua, la temperatura non varia fino a quando il processo di fusione del ghiaccio non è completo.Il calore latente assorbito, in questo caso, serve a vincere le forze che tengono unite le particelle di ghiaccio.

giovedì 6 ottobre 2011

Calore specifico

Alessio Di Giorgio


Calore specifico

Calore specifico è la quantità di calore necessaria per innalzare di un grado centigrado la temperatura di un’unità di massa di una sostanza.                                                                                                 Nel Sistema internazionale (SI) il calore specifico è espresso in joule per chilogrammi per gradi centigradi, o per gradi kelvin, ma delle volte viene misurato in calorie per grammo per grado centigrado.                                                                                                                                                         Dalla definizione di caloria consegue che il calore specifico dell'acqua è esattamente uguale a 1 caloria per grammo per grado, nell'intervallo di temperatura compreso tra 14,5 e 15,5 °C, e in condizioni di pressione ordinaria, ovvero occorre 1 caloria per portare da 14,5 °C a 15,5 °C la temperatura di 1 g d'acqua.                                                                                                                                       In generale il calore specifico varia da sostanza a sostanza e, secondo la legge formulata dai chimici francesi Pierre-Louis Dulong e Alexis Thérèse Petit, diminuisce all'aumentare del peso atomico.                                Infatti il prodotto del calore specifico e del peso atomico si mantiene approssimativamente uguale a 6 per tutti gli elementi solidi. Il calore specifico dipende dal tipo di trasformazione termodinamica che una sostanza subisce, quindi si distinguono calore specifico a pressione costante e calore specifico a volume costante.                                                                                                                                Se si riscalda un gas a pressione costante, lasciando il sistema libero di espandersi, occorre una quantità maggiore di calore per innalzare la temperatura di un grado, poiché una parte dell'energia fornita viene dissipata sotto forma di lavoro nel processo di espansione. Per questo motivo il calore specifico a pressione costante è più grande del calore specifico a volume costante.

martedì 4 ottobre 2011

I gas

Alessio Di Giorgio



                                                I gas


In fisica la parola gas indica uno dei tre stati di aggregazione in cui può presentarsi la materia, ciascuno caratterizzato da distinte proprietà microscopiche e macroscopiche.Queste tre forme di materia sono rappresentate dai solidi, di forma ben definita, difficilmente deformabili, dai liquidi, che hanno volume proprio, ma assumono la forma del recipiente che li contiene, e dai gas, di densità inferiore a quella di liquidi e solidi, privi di volume definito, e che si espandono rapidamente riempiendo il volume dei loro contenitori.


LA LEGGE DI STATO DEI GAS PERFETTI

La teoria atomica della materia definisce gli stati di aggregazione o fasi in termini microscopici.Le molecole di un solido occupano posizioni fisse all'interno di un reticolo regolare e la loro libertà di movimento è limitata a piccole vibrazioni attorno ai siti reticolari. Al contrario, non vi è alcun ordine spaziale microscopico nei gas: le molecole si muovono a caso, trattenute solo dalle pareti del recipiente che lo contiene.  Le variabili macroscopiche che caratterizzano lo stato di un gas, quali pressione (P), volume (V) e temperatura (T), sono correlate per mezzo di relazioni empiriche.La legge di Boyle stabilisce che in un gas, in condizioni di temperatura costante, il volume è inversamente proporzionale alla pressione; la legge di Gay-Lussac afferma che, a volume costante, la pressione è proporzionale alla temperatura assoluta. Combinando queste due leggi, si ottiene la legge generale, nota anche come equazione di stato dei gas perfetti: PV/T= R.


TEORIA CINETICA DEI GAS

L'avvento della teoria atomica permise di dare un'interpretazione teorica delle leggi empiriche che descrivono il comportamento dei gas: il volume rappresenta lo spazio disponibile al moto delle molecole; la pressione, che può essere misurata con un manometro fissato alla parete del contenitore, rappresenta la variazione media della quantità di moto delle molecole, che si verifica quando queste entrano in collisione con le pareti e vengono riflesse; la temperatura è proporzionale all'energia cinetica media delle molecole, cioè al quadrato della loro velocità media.La teoria che collega le proprietà dei gas alla meccanica classica prende il nome di cinetica dei gas; oltre a fornire l'interpretazione teorica dell'equazione di stato dei gas perfetti, essa consente di dedurre una serie di altre proprietà dei gas, come la legge di distribuzione delle velocità molecolari e le proprietà di trasporto.

Legge di Van der Waals

Il comportamento dei gas reali spesso si discosta anche sensibilmente da quanto previsto dall'equazione dei gas perfetti. Per fornire una buona descrizione dei gas reali sono state quindi proposte forme modificate della legge PV = nRT.Particolarmente utile e molto nota è la legge di Van der Waals: (P + n2a/V2) (V - nb) = nRT, dove a e b non sono costanti universali, ma due parametri ai quali vanno assegnati di volta in volta valori opportuni, ottenibili sperimentalmente.                                                                                 Anche la legge di Van der Waals può essere interpretata a livello microscopico: le molecole interagiscono tra loro per mezzo di forze a corto raggio, che sono fortemente repulsive a piccola distanza, diventano debolmente attrattive a distanza media, e si annullano a grande distanza..La repulsione tra molecole proibisce alle particelle di occupare posizioni particolarmente ravvicinate, e di conseguenza una parte dell'intero volume non è disponibile al moto casuale: nell'equazione di stato, questo volume "proibito" (b) deve essere sottratto al volume del recipiente (V), ottenendo (V - nb). Il secondo termine correttivo, a/V2, descrive una debole forza attrattiva fra le molecole, che aumenta quando V diminuisce, costringendo le molecole più vicine le une alle altre.


Transizioni di fase

A basse temperature (quindi in condizioni di scarsa mobilità molecolare), o ad alte pressioni, o a volumi ridotti (ridotto spazio intermolecolare), le molecole di un gas risentono maggiormente delle forze attrattive delle altre molecole.In determinate situazioni critiche, i legami diventano così intensi che l'intero sistema entra in uno stato caratterizzato da maggiore densità e acquista un volume proprio: in altre parole si verifica una transizione di fase dallo stato gassoso a quello liquido. Queste trasformazioni vengono descritte relativamente bene dalla legge di Van der Waals, che indica anche l'esistenza di un punto critico, al di là del quale la fase liquida e quella gassosa non sono distinguibili. Queste previsioni sono confermate dalle osservazioni sperimentali: tuttavia, nella maggior parte dei casi, lo studio di tali fenomeni richiede l'uso di formule più complicate della legge di Van der Waals.
Alessio Di Giorgio



                                                I gas


In fisica la parola gas indica uno dei tre stati di aggregazione in cui può presentarsi la materia, ciascuno caratterizzato da distinte proprietà microscopiche e macroscopiche.                                               Queste tre forme di materia sono rappresentate dai solidi, di forma ben definita, difficilmente deformabili, dai liquidi, che hanno volume proprio, ma assumono la forma del recipiente che li contiene, e dai gas, di densità inferiore a quella di liquidi e solidi, privi di volume definito, e che si espandono rapidamente riempiendo il volume dei loro contenitori.


LA LEGGE DI STATO DEI GAS PERFETTI

La teoria atomica della materia definisce gli stati di aggregazione o fasi in termini microscopici.                      Le molecole di un solido occupano posizioni fisse all'interno di un reticolo regolare e la loro libertà di movimento è limitata a piccole vibrazioni attorno ai siti reticolari. Al contrario, non vi è alcun ordine spaziale microscopico nei gas: le molecole si muovono a caso, trattenute solo dalle pareti del recipiente che lo contiene.                                                                                                 Le variabili macroscopiche che caratterizzano lo stato di un gas, quali pressione (P), volume (V) e temperatura (T), sono correlate per mezzo di relazioni empiriche.                                                                   La legge di Boyle stabilisce che in un gas, in condizioni di temperatura costante, il volume è inversamente proporzionale alla pressione; la legge di Gay-Lussac afferma che, a volume costante, la pressione è proporzionale alla temperatura assoluta. Combinando queste due leggi, si ottiene la legge generale, nota anche come equazione di stato dei gas perfetti: PV/T= R.


TEORIA CINETICA DEI GAS

L'avvento della teoria atomica permise di dare un'interpretazione teorica delle leggi empiriche che descrivono il comportamento dei gas: il volume rappresenta lo spazio disponibile al moto delle molecole; la pressione, che può essere misurata con un manometro fissato alla parete del contenitore, rappresenta la variazione media della quantità di moto delle molecole, che si verifica quando queste entrano in collisione con le pareti e vengono riflesse; la temperatura è proporzionale all'energia cinetica media delle molecole, cioè al quadrato della loro velocità media.                           La teoria che collega le proprietà dei gas alla meccanica classica prende il nome di cinetica dei gas; oltre a fornire l'interpretazione teorica dell'equazione di stato dei gas perfetti, essa consente di dedurre una serie di altre proprietà dei gas, come la legge di distribuzione delle velocità molecolari e le proprietà di trasporto.

Legge di Van der Waals

Il comportamento dei gas reali spesso si discosta anche sensibilmente da quanto previsto dall'equazione dei gas perfetti. Per fornire una buona descrizione dei gas reali sono state quindi proposte forme modificate della legge PV = nRT.                                                                    Particolarmente utile e molto nota è la legge di Van der Waals: (P + n2a/V2) (V - nb) = nRT, dove a e b non sono costanti universali, ma due parametri ai quali vanno assegnati di volta in volta valori opportuni, ottenibili sperimentalmente.                                                                                 Anche la legge di Van der Waals può essere interpretata a livello microscopico: le molecole interagiscono tra loro per mezzo di forze a corto raggio, che sono fortemente repulsive a piccola distanza, diventano debolmente attrattive a distanza media, e si annullano a grande distanz                               La repulsione tra molecole proibisce alle particelle di occupare posizioni particolarmente ravvicinate, e di conseguenza una parte dell'intero volume non è disponibile al moto casuale: nell'equazione di stato, questo volume "proibito" (b) deve essere sottratto al volume del recipiente (V), ottenendo (V - nb). Il secondo termine correttivo, a/V2, descrive una debole forza attrattiva fra le molecole, che aumenta quando V diminuisce, costringendo le molecole più vicine le une alle altre.


Transizioni di fase

A basse temperature (quindi in condizioni di scarsa mobilità molecolare), o ad alte pressioni, o a volumi ridotti (ridotto spazio intermolecolare), le molecole di un gas risentono maggiormente delle forze attrattive delle altre molecole.                                                                                                                            In determinate situazioni critiche, i legami diventano così intensi che l'intero sistema entra in uno stato caratterizzato da maggiore densità e acquista un volume proprio: in altre parole si verifica una transizione di fase dallo stato gassoso a quello liquido. Queste trasformazioni vengono descritte relativamente bene dalla legge di Van der Waals, che indica anche l'esistenza di un punto critico, al di là del quale la fase liquida e quella gassosa non sono distinguibili. Queste previsioni sono confermate dalle osservazioni sperimentali: tuttavia, nella maggior parte dei casi, lo studio di tali fenomeni richiede l'uso di formule più complicate della legge di Van der Waals.

giovedì 29 settembre 2011

Nella fisica classica l'energia è definita come la capacità di un corpo o di un sistema di compiere lavoro e la misura di questo lavoro è a sua volta la misura dell'energia. Dal punto di vista strettamente termodinamico l'energia è definita come tutto ciò che può essere trasformato in calore a bassa temperatura.

La scienza, pur osservandone e calcolandone gli effetti, non ha ancora spiegato cosa sia l'energia. Richard Feynman (premio Nobel per la fisica nel 1965), affermava: "È importante comprendere che nella fisica non abbiamo nessuna idea di che cosa sia l'energia..."[1] L'energia è una proprietà intrinseca e misurabile della materia in quanto inerente alla stessa esistenza fisica dei corpi. Per ogni corpo fisico vi è una quantità astratta chiamata energia che possiamo calcolare, e che rimane sempre costante, indipendentemente dal numero di cambiamenti che esso attraversa. A prescindere dalle trasformazioni subite da un corpo l'energia viene sempre conservata. Il concetto di energia nasce, nella meccanica classica, dall'osservazione sperimentale che la capacità di un sistema fisico di sviluppare una forza decade quando il sistema stesso stabilisce un'interazione con uno o più sistemi mediante la stessa forza. In questo senso l'energia può essere definita come una grandezza fisica posseduta dal sistema che può venire "consumata" per generare una forza. Dal momento che l'energia posseduta da un sistema può essere utilizzata dal sistema stesso per produrre più tipi di forze, si definisce una seconda grandezza, il lavoro appunto, che definisce il consumo di energia in relazione al processo fisico mediante il quale la forza è stata generata.

Indice

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Origine del termine [modifica]

La parola energia deriva dal tardo latino energīa, a sua volta dal greco ἐνέργεια (energheia), termine usato da Aristotele nel senso di azione efficace, composta da en, particella intensiva, ed ergon, capacità di agire.[2]

Fu durante il Rinascimento che, ispirandosi alla poesia aristotelica, il termine fu associato all'idea di forza espressiva. Ma fu solo nel 1619 che Keplero usò il termine nell'accezione moderna di energia.

Forme di energia [modifica]

L'energia esiste in varie forme, ognuna delle quali possiede una propria equazione dell'energia. Le principali forme di energia (non tutte fondamentali) sono:[3]

Tali forme di energia possono essere trasformate l'una nell'altra, ma ogni volta che avviene tale trasformazione una parte di energia (più o meno consistente) viene inevitabilmente trasformata in energia termica (cioè si produce calore);[5] si parla in questo caso di "effetti dissipativi".

Fonti di energia elettrica [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce centrale elettrica.
Consumo di energia nel mondo ripartito per nazione (dal 1989 al 1998).
Consumo delle fonti energetiche nel mondo con riferimento al tipo di fonte energetica (dati del 2004).

Spesso con la locuzione "energia" + aggettivo si intende la fonte di energia attraverso quale è possibile una produzione di corrente elettrica.

Con il termine energie rinnovabili si intendono quelle fonti di energia che non si esauriscono o si esauriscono in tempi che vanno oltre la scala dei tempi "umani" (ad esempio: energia solare, eolica, geotermica, mareomotrice), altrimenti si parla di energie non rinnovabili (ad esempio petrolio e carbone), mentre con il termine energie alternative si intendono le fonti di energia alternative ai classici combustibili o fonti fossili.[3]

Unità di misura [modifica]

L'unità di misura derivata del Sistema Internazionale per l'energia e il lavoro è il joule (pronuncia: /dʒau:l/; simbolo: J), chiamata così in onore del fisico inglese James Prescott Joule e dei suoi esperimenti sull'equivalente meccanico del calore. 1 joule esprime la quantità di energia usata (ossia il lavoro effettuato) per esercitare la forza di un newton per la distanza di un metro. 1 joule equivale quindi a 1 newton·metro, e in termini di unità base SI, 1 J è pari a 1 kg × m2 × s−2.

Nel CGS l'unità di misura per l'energia è l'erg, equivalente ad 1 dyne·centimetro e in termini di unità base CGS a 1 g × cm2 × s−2 (corrisponde a 10−7 J).

Altre unità di misura adottate per esprimere l'energia sono:

Energia, calore e lavoro [modifica]

La misurazione dell'energia permette di prevedere quanto lavoro un sistema è in grado di compiere. Svolgere un lavoro richiede energia, quindi la quantità di energia presente in un sistema limita la quantità massima di lavoro che il sistema può svolgere. Ad esempio nel caso di moto unidimensionale, l'applicazione di una forza per una distanza richiede un'energia pari al prodotto del modulo della forza per lo spostamento.

Si noti, comunque, che non tutta l'energia di un sistema è immagazzinata in forma utilizzabile, in quanto una parte è dispersa sotto forma di calore; quindi, in pratica, la quantità di energia di un sistema, disponibile per produrre lavoro, può essere molto meno di quella totale del sistema. Il rapporto tra l'energia utilizzabile e l'energia fornita da una macchina viene chiamato rendimento.[5]

Conservazione dell'energia [modifica]

L'energia permette anche di fare altre previsioni. Infatti, grazie alla legge di conservazione dell'energia valida per sistemi chiusi, si può determinare lo stato cinetico di un sistema sottoposto ad una sollecitazione quantificabile. Questa e altre leggi, applicate all'universo nel suo intero, affermano che l'energia non si crea e non si distrugge, bensì si trasforma e si degrada, di conseguenza l'energia, come la massa, può essere definita una grandezza conservativa.

La celebre equazione di Einstein E=mc^2, diretta derivazione della Teoria della relatività ristretta, mostra come in realtà massa ed energia siano due "facce della stessa medaglia" di un sistema fisico. Da questa semplice equazione si evince infatti che la massa può essere trasformata in energia e viceversa; quindi la massa può essere considerata una forma di "energia condensata".

Quindi considerando anche il principio di conservazione della massa i due principi fisici possono essere fusi in un principio unico sotto la denominazione di principio di conservazione della massa/energia.

L'energia in fisica classica e in meccanica quantistica [modifica]

Nella fisica classica l'energia è una proprietà scalare continua immagazzinata da un sistema.

Nella meccanica quantistica invece l'energia è "quantizzata", cioè può assumere un numero discreto di valori (o "livelli energetici"), tutti multipli di un quanto di energia, il quale rappresenta la quantità più bassa di energia che può essere immagazzinata nel sistema.


Formule per convertire le temperature da/a kelvin
Conversione da a Formula
kelvin Celsius T(°C) = T(K) - 273,15
Celsius kelvin T(K) = T(°C) + 273,15
kelvin Fahrenheit T(°F) = (T(K) × 1,8) - 459,67
Fahrenheit kelvin T(K) = (T(°F) + 459,67) / 1,8

Energia termica


    



Di Giorgio Alessio






Energia termica






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L'energia termica è una forma di energia che è posseduta da tutti i corpi, i quali abbiano una temperatura superiore allo zero assoluto. Non tutta l'energia termica può essere trasformata in energia meccanica.L'energia termica di un sistema rappresenta l'energia cinetica media Ec delle particelle del sistema, che tiene conto dei movimenti di traslazione, di rotazione e di vibrazione delle particelle, ed cresceall'aumentaredellatemperatura.
Tutte le sostanze sono composte da molecole. Tali particelle sono legate tra loro da forze intramolecolari di intensità più o meno grande.
Nei solidi le molecole non sono immobili nello spazio, ma oscillano intorno una loro posizione di equilibrio. Esse sono, quindi, in continua agitazione. Tuttavia dei legami abbastanza forti le tengono unite tra loro, cosi la loro struttura risulta indeformabile: infatti tutti i solidi hanno una forma ed un volume proprio.L'oscillazione delle molecole è di ampiezza più o meno grande, secondo la quantità di energia termica che un corpo possiede. Per temperature elevate le oscillazioni sono più ampie, mentre a temperature inferiori corrispondono oscillazioni più ridotte.
Questo fatto spiega come la resistenza elettrica delle sostanze aumenti al crescere della temperatura: a temperature maggiori corrispondono oscillazioni di ampiezza maggiore delle molecole (o degli atomi), per cui le cariche responsabili della conduzione elettrica incontrano maggiore difficoltà nell'attraversare il materiale. Nei liquidi le molecole sono legate tra loro da forze più deboli e per tale ragione un liquido non possiede una forma propria.
Nei gas le molecole godono di un'estrema libertà di movimento. Esse si muovono in modo caotico e casuale, in modo tanto maggiore quanto più alta è la temperatura del gas. L'energia cinetica, associata alle oscillazioni o al movimento di tali molecole, e l'energia potenziale, dovuta alla loro posizione reciproca, costituiscono l'energia interna del corpo. Tale energia è indipendente dal fatto che il corpo, di cui le molecole sono il costituente fondamentale, sia nel suo complesso fermo o in movimento.Oltre la temperatura, una manifestazione importante dell'energia termica è il calore, trasferimento dell'energia termica tra due corpi. Il calore è il modo in cui due corpi possono scambiarsi energia termica.

Produzione dell'energia termica

L'energia termica può essere prodotta in grande quantità semplicemente attraverso le combustioni, oppure per mezzo di reazioni nucleari, o anche attraverso il passaggio di corrente elettrica attraverso un filo (cioè per effetto Joule), come avviene nelle stufe elettriche e in tutti gli elettrodomestici che sviluppano calore (lavatrice, forno elettrico, ecc). Due sono le fonti naturali di calore: il Sole e il sottosuolo. Un esempio è quando si fa passare corrente nella resistenza di uno scaldabagno e l'acqua si riscalda. Anche in questo caso si ha una trasformazione di energia: dalla forma elettrica alla forma termica. Il consumo dell'energia elettrica servita per alimentare la resistenza può essere misurato da un contatore elettrico, mentre l'energia termica acquistata dall'acqua può essere misurata da un termometro che registra l'aumento di temperatura. L'aumento di temperatura testimonia l'acquisizione di energia termica da parte delle sostanze.

Trasformazione in altre forme di energia










Centrale termica solare, per la conversione dell'energia termica solare in energia elettrica.

Trasformazione in energia elettrica

L'energia termica può trasformarsi in altre forme di energia. Si trasforma in energia elettrica nelle centrali termoelettriche, nelle centrali geotermiche e nelle centrali solari, come illustrato dall’ immagine precedente.



Trasformazione in energia potenziale

Riscaldando un gas a volume costante, aumenta l'energia cinetica media delle particelle che lo compongono, che così incrementano la pressione sulle pareti del recipiente che le contiene. Il gas ha acquisito energia potenziale, così è in grado di espandersi e poter compiere un lavoro. L'energia potenziale acquisita dal gas è dovuta all'energia termica somministratagli. Nel caso in cui il gas sia in grado di espandersi, compie un lavoro e così consuma parte dell'energia acquisita. L'acquisizione di energia termica da parte del gas viene confermata dall’aumento della sua temperatura.